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Brian O’Driscoll: sovrano d’Irlanda

Anche lo sportale omaggia BOD con l’articolo di Roberto Vanazzi sul suo blog

(di Roberto Vanazzi)

Per raggiungere 140 caps internazionali devi essere incredibilmente resistente, incredibilmente di talento, un professionista fenomenale: questo è Brian O’Driscoll.” (Joe Schmidt)

Considerato all’unanimità il miglior trequarti centro del mondo, Brian O’Driscoll è sicuramente uno dei giocatori più carismatici che hanno calcato i campi da rugby nel nuovo millennio. Dotato di brillanti doti difensive e di un’abbagliante abilità in attacco, il trequarti centro irlandese è sempre stato una minaccia a tutto campo. Brian ha giocato più di tutti a livello internazionale e più di tutti ha guidato l’Irlanda con la fascia al braccio, risultando essere una specie di talismano portafortuna. La squadra in verde, infatti, con lui in cabina di comando ha spesso intascato la vittoria.

Brian O’Driscoll

Nato a Dublino il 21 gennaio 1979, Brian Gerald O’Driscoll è cresciuto a Clontarf, dove quasi mille anni prima King Boru, che guarda caso si chiamava anche lui Brian, ha sconfitto i nordici vichinghi in una battaglia epocale, liberando la sua Patria dall’invasore.

Figlio di due medici di famiglia, Brian ha iniziato a giocare a rugby con la squadre delCollege di Blackrock, dimostrando fin da subito di possedere doti che combinano pura determinazione, brillanti qualità difensive, attacchi efficaci e mentalità vincente. Insomma, con l’ovale in mano è sempre stato un genio e la sua accelerazione nei 15 metri non ha eguali. Per questo, nello spazio di soli tre anni, è passato dalla squadra della scuola alla nazionale del trifoglio, con la quale ha vinto il campionato del mondo Under 19, in una compagine che includeva anche i suoi futuri compagni di nazionale Paddy Wallace eDonncha O’Callaghan.

Terminata la scuola secondaria, Brian ha frequentato l’University College di Dublino grazie ad una borsa di studio, dove si è diplomato in sports management.

Nel 1999 O’Driscoll ha esordito nel Leinster, dove sotto la guida dell’Head Coach Matt Williams e dell’allenatore dei trequarti Alan Gaffney, è diventato una forza esplosiva nella backline della squadra.

Il 12 giugno 1999, durante il tour estivo in Australia, Brian ha conquistato il suo primo cap con la nazionale maggiore, a Brisbane, partita persa dai verdi 10 a 46. Sempre quell’anno, durante la Coppa del Mondo, ha giocato tutte le partite del torneo, siglando la sua prima meta contro gli Stati Uniti (53 a 8).

Anche durante il 5 Nazioni del 2000 O’Driscoll è stato sempre presente, coronando il torneo con una superba prestazione contro la Francia allo Stade De France, dove ha marcato 3 mete, che hanno consentito ai suoi di vincere 27 a 25.

Nel 2001 ha aggiunto lo status di superstar del rugby durante il tour dei British & Irish Lions in Australia, una serie che ha visto i Wallabiestrionfare per 2 a 1. O’ Driscoll ha marcato una meta nel primo test match, vinto dai leoni per 29 a 13.

Nel 2002 il Leinster ha vinto la Celtic League e BOD (acronimo di Brian O’Driscoll) è stato nominato dall’IRB Best World Player of the Year.

Il biondo dublinese ha capitanato l’Irlanda per la prima volta quando ha raggiunto il suo 31° caps, sempre contro l’Australia nel novembre 2002, rilevando poi definitivamente il comando della squadra durante il Sei Nazioni 2004, dopo il ritiro di Keith Wood. Durante lo stesso anno, ma questo con il rugby centra poco, Brian O’Driscoll è stato votato anche ‘uomo più sexy d’Irlanda’.

Il ragazzo del Leinster ha continuato ad essere determinante per l’Irlanda nei vari tornei tra il 2004 e il 2007, conducendo gli uomini in verde ad alcune fantastiche vittorie contro squadre del calibro di Inghilterra, Sudafrica e Australia. Brian, sempre devastante sia in difesa sia in attacco, ha avuto un ruolo primario nelle tre Triple Crown vinte dall’Irlanda durante il suo capitanato. Da notare anche che con le sue 17 mete marcate è al primo posto nella classifica dei metamen della storia del Sei Nazioni.

Nel 2005, durante la tournée dei Lions in Nuova Zelanda, O’Driscoll è diventato il primo capitano irlandese della selezione in maglia rossa dal 1983, quando lo era stato Ciaran Fitzgerald, anche se una lussazione alla spalla causata da un placcaggio contemporaneo diTana Umaga e Kevin Mealamu durante il primo test match ha rovinato il suo tour. Per la cronaca, i Lions hanno perso tutti e tre gli incontri con gli All Blacks.

Tornato idoneo, Brian è riuscito a condurre l’Irlanda alla vittoria delle due Triple Crown,  nel 2006 e nel 2007, quando è anche stato nominato miglior giocatore del Sei Nazioni entrambe le volte. Durante l’ultima gara del Six Nations 2007, quella vinta control’Italia, Brian ha battuto il record di 36 caps come capitano della nazionale in verde, che apparteneva a Keith Wood, mentre la meta siglata nella gara d’esordio contro il Galles è stata la numero 29 per lui, che così è diventato il top scorer irlandese in compagnia del suo collega del Leinster Denis ‘DenDen’ Hickie.

A seguito di un mondiale, quello francese del 2007, e del Sei Nazioni 2008, non proprio entusiasmanti, il coach Declan Kidney, che nel frattempo aveva sostituito O’Sullivan sulla panchina della nazionale dell’Isola di Smeraldo, ha dichiarato l’intenzione di togliere a O’Driscoll la fascia di capitano, nel tentativo di aiutare la star del Leinster a concentrarsi solamente sul gioco e a ritrovare la sua forma migliore. Così è stato.

Il Sei Nazioni 2009 ha visto la rinascita di questo grande campione. Proposto ancora capitano, il talentuoso numero 13 ha ripagato la fiducia in lui riposta conducendo la squadra a vincere un favoloso Grance Slam, che mancava ai verdi dal lontano 1948. Nell’arco del torneo Brian a ha marcato mete in 4 gare su 5 e, alla fine, è stato eletto miglior giocatore del torneo.

Un mese più tardi, ecco arrivata anche la scontata convocazione per il tour dei British Lions in Sudafrica. La tournée ha visto i British Lions impegnati in 10 incontri, 6 con le selezioni locali e provinciali, uno contro la nazionale giovanile sudafricana e tre test match contro gli Springboks. La serie ha visto prevalere i sudafricani per due incontri vinti a uno. Il Sudafrica si è imposto nei primi due incontri, 26 a 21 a Durban e, una settimana più tardi, 28 a 25 a Pretoria. Con la serie ormai nelle loro tasche, i padroni di casa hanno concesso ai britannici il match di Johannesburg, vinto dai rossi 28 a 9. Brian era in campo nei primi due.

A quel tour è seguita la conquista della finale di Heineken Cup contro i Leicester Tigers (19 a 16), dopo che in semifinale Brian aveva segnato una meta di rapina contro i rivali del Munster, inserendosi in un passaggio lento di Ronan O’Gara per Paul O’Connell.

brian-o-driscollO’Drsicoll e compagni si sono ripetuti anche nel 2011, quando hanno sconfitto in finale gli inglesi del Northampton per 33 a 22 al Millenium Stadium di Cardiff.

Durante l’ultima giornata del Sei Nazioni 2011, nella gara che ha negato il Grande Slam all’ Inghilterra, Brian ha segnato la sua meta numero 25, il che lo ha reso il miglior marcatore di mete di sempre nel torneo.
A maggio, quando la Regina Elisabetta II d’Inghilterra ha visitato la Repubblica d’Irlanda, Brian ha partecipato alla ceba di Stato organizzata dal presidente irlandese Mary McAlise.

In autunno O’Driscoll ha preso parte alla sua quarta Coppa del Mondo 2011, tenutasi in Nuova Zelanda, dove l’Irlanda è arrivata prima nel girone, sconfiggendo 15 a 6 i favoriti australiani e 36 a 6 l’Italia, gara nella quale lui ha marcato una meta, per poi perdere 10 a 22 ai quarti contro il Galles.

A causa di un intervento chirurgico alla spalla, O’Driscoll ha saltato buona parte del 2012, compreso il Sei Nazioni, ma è rientrato alla fine della stagione, dando una piccola mano al suo Leinster a conquistare la finale di Celtic League, persa 30 a 31 contro gli Ospreys, e a vincere la seconda Heineken Cup consecutiva (la terza in quattro anni), battendo i cugini dell’Ulster a Twickenham per 42 a 14. Brian, anche se non in perfette condizioni fisiche, ha compiuto un’altra delle sue gare magistrali, giocando in coppia al centro con il compagno di sempre Gordon D’Arcy.

Nella stagione 2013 l’Irlanda è arrivata penultima al Sei Nazioni, sconfitta anche dall’Italia a Roma nell’ultima giornata. Al Leinster, invece, è andato decisamente meglio. Nonostante l’eliminazione dall’Heineken Cup, il team di Dublino si è rifatto vincendo la Amlin Challenge Cup, sconfiggendo in finale lo Stade Francais di Sergio Parisse per 34 a 13. Brian non era in campo quel giorno, ma lo era una settimana più tardi nella finale vinta 24 a 18 contro l’Ulster, che ha consegnato agli uomini in maglia blu anche il titolo delProDirect Pro12.

A giugno dello stesso anno O’Driscoll è partito alla volta dell’Australia per il suo quarto tour con i British & Irish Lions, dei quali ha avuto l’onore di essere ancora capitano nell’incontro di apertura contro Western Force, finito 69 a 17. Brian ha segnato due delle nove mete dei rossi, ma è stato escluso dal quarto test match, creando non poche polemiche. I Lions, alla fine, hanno vinto quella partita e con essa la serie, con BOD costretto a guardare dalla tribuna.

Con la partita del 20 febbraio 2014, giocata a Twickenham nell’ambito del Sei Nazioni, Brian O’Driscoll ha raggiunto il record di 139 presenze internazionali di George Gregan. L’8 marzo seguente, nella sfida di Dublino contro l’Italia, BOD è diventato il giocatore al mondo con più caps. Quel giorno Brian ha giocato per l’ultima volta nel suo stadio e ha detto addio al suo pubblico regalandosi una prestazione magistrale e il titolo di Man of the Match.

bod2Brian ha scritto un’autobiografia diventata un best-seller, ha raccontato in un dvd il tour del 2005 dei Lions in Nuova Zelanda, ha una serie di sponsor ai suoi piedi e in Irlanda è considerato un vero eroe, forse più del suo omonimo sovrano di mille anni fa.

Mark Allen: l’incredibile vicenda di Bull

(di Roberto Vanazzi)

La vicenda di Mark “Bull” Allen ha quasi dell’incredibile. Il pilone, infatti, con gli All Blacks ha realizzato solo 8 presenze in quattro anni, 7 delle quali sono state effettuate partendo dalla panchina, 2 addirittura per sostituzioni temporanee. Questo, però, non gli ha impedito di guadagnarsi la nomea di “giocatore di grande impatto e carisma”. Non vi è alcun dubbio che Bull ha compiuto solo qualche importante cammeo e niente di più, ma bisogna dire che è stato sfortunato ad avere giocato in un’epoca in cui la Nuova Zelanda si è ritrovata con la migliore prima linea del mondo, per gentile concessione dei signori Sean FitzpatrickCraig Dowd e Olo Brown.

Nonostante i pochi caps, Mark è stato comunque uno dei ruggers più conosciuti del suo periodo e il suo status di eroe popolare si è espanso ben oltre lo stato di Taranaki. Caratterizzato dalla testa rasata e da una velocità esplosiva, quasi inusuale per un pilone destro, egli ha goduto di un grande seguito tra i tifosi zeolandesi, che hanno sempre accolto le sue apparizioni con gioia. Nel momento in cui lo vedevano alzarsi dalla panchina per iniziare a riscaldarsi a bordo campo, i fans avevano preso l’abitudine di intonare “Bull! Bull! Bull! Bull!” in un crescendo emozionante, nell’attesa del suo ingresso sul terreno di gioco. Quando, infine, arrivava il momento, Bull entrava come un posseduto, roteava le braccia e mandava il pubblico in delirio. In suo onore, in quel periodo, il Rugby Park di New Plymouth era conosciuto anche come “The Bull Ring”.

Mark Allen

Mark Allen

Nato a Stratford, il 27 luglio 1967, Mark Richard Allen ha studiato presso la Stratford Primary School e successivamente alla Stratford High School, dove ha praticato wrestling e, naturalmente, rugby, eccellendo in entrambe le discipline.
Terminata la scuola, Mark ha lavorato nel negozio di auto elettriche del padre, giocando nel frattempo nel XV della sua città, dove si è messo in mostra come pilone molto mobile.

Nel 1988 Allen ha disputato la sua prima partita con Taranaki, nell’annuale Queens Birthday Weekend, contro Wanganui. Più avanti nella stagione, il pilone è stato selezionato per il Rugby New Zealand Youth Team, allenato da Fred Allen e Sid Going, con il quale ha partecipato alla tournée in Germania e in Scozia. È stato proprio durante quel tour che Allen ha ricevuto il soprannome di Bull, coniato dal nipote di Sid Going, Quentin, un nickname che gli sarebbe stato appiccicato per tutta la sua carriera.

Nel 1990 Mark Allen è stato eletto “player of the year” del campionato, ma l’anno successivo, a causa anche dell’asma e dell’influenza che hanno costretto il pilone a numerose soste forzate, Taranaki è retrocesso in seconda divisione, dopo essere finito all’ultimo posto della classifica.

A fine anno Allen ha sfiorato la selezione con gli All Blacks, quando la squadra, in tour in Francia, si è ritrovata il front row decimato dagli infortuni. Alla fine, però, gli è stato preferito Olo Brown, perché lui non era in grado di giocare pilone sinistro.

Nel 1992 Taranaki ha lottato duramente per risalire la crina ed è riuscita a tornare in prima divisione solo l’anno seguente. Il team in quel periodo era molto legato alla forma e alla leadership di Bull, il quale è stato nominato capitano per le ultime quattro partite della stagione. Lui ha ripagato la fiducia marcando due mete nella sua prima partita con la fascia al braccio e due nella vittoriosa semifinale contro Manawatu, finendo la stagione con 10 mete e la reputazione di “pilone più mobile e dinamico del Paese”.

Grazie a tutto questo, il 31 luglio 1993, a 26 anni, Mark ha indossato la sua prima maglia con la felce, entrando per una sostituzione temporanea per sangue contro Western Samoa. La partita è stata vinta 35 a 13 dagli All Blacks, sull’erba dell’Eden Park di Auckland.

Dopo quel giorno, Mark ha dovuto attendere altri tre anni per ottenere la sua seconda apparizione, complice anche il ritorno di Richard Loe dalla squalifica. Bull non è stato convocato per la Coppa del Mondo del 1995, ma è partito con la squadra alla fine dello stesso anno per il tour in Francia e in Italia. Ancora una volta, però, non ha giocato in nessuno dei test match, in quanto il coach Laurie Mains gli preferiva BrownDowd eLoe, adducendo al fatto che, secondo lui, Allen era solo appariscente e non abbastanza forte in mischia. In quel tour, Mark ha giocato quattro partite infrasettimanali, segnando una meta a Bayonne contro Cote Basque-Landes e scendendo in campo a Catania contro l’Italia A, capitanata da De Carlo.

Come se non bastasse, Mark ha subìto un grave infortunio, uno strappo ai muscoli pettorali in un match contro Auckland, che gli ha fatto perdere il resto della stagione. Stagione che, fra l’altro, ha visto nuovamente Taranaki relegato nella seconda divisione.

La seconda gara di Allen con la nazionale è arrivata il 22 giugno 1996, ancora ad Auckland e ancora per una sostituzione temporanea, quando gli All Blacks hanno vinto 36 a 12 con la Scozia.

In quella stagione il rugby è entrato nell’era del professionismo e Bull è stato nominato capitano degli Hurricanes di Wellington, nel neonato Super 12, rimanendo nel giro della nazionale nonostante fosse sempre oscurato dagli altri piloni.

Nel frattempo Taranaki ha vinto il prestigioso Ranfurly Shield, dopo avere sconfitto Auckland in finale. Tuttavia, si iniziava a percepire la mancanza di entusiasmo da parte del pilone, il quale, dopo un intervista, ha visto il feeling con la squadra sgretolarsi. Allen ha prima perso la fascia da capitano, quindi, dopo la sconfitta contro Otago per 80 a 34, ha detto addio al club giallo-nero.

Per quanto riguarda la nazionale, Bull ha giocato in entrambe le prove vinte contro l’Argentina nel corso dello stesso anno, entrando in campo ambedue le volte a partita già in corso: la prima per sostituire Olo Brown, la seconda al posto del flanker Taine Randell, una gara dove Mark ha marcato una meta.

Nel 1997, il pilone di Stratford ha disputato gare contro il Sudafrica, entrando al posto di Dowd, e l’Australia, dove ha sostituito il seconda linea Ian Jones. Due vittorie che hanno aiutato la sua squadra a mantenere nella propria bacheca il titolo del Tri Nations.

Dopo essere entrato ancora per sostituire Brown nella partita vinta 42 a 7 contro il Galles a Londra, il 6 dicembre, finalmente, Mark ha fatto parte del XV di partenza che ha affrontato l’Inghilterra a Twickenham, grazie anche al fatto che Craig Dowd era infortunato.

In quella partita Mark è stato decisivo, quando un suo break ha portato alla meta diWalter Little. La gara è finita con un pareggio 26 a 26, con gli inglesi che hanno chiuso il primo tempo in vantaggio 23 a 9, per poi farsi rimontare dalla marea nera nella ripresa. Purtroppo per Allen, quella si è rivelata essere l’ultima volta che ha indossato la mitica casacca della nazionale.

Sempre nel 1997 Bull, dopo 110 presenze con la maglia di Taranaki, si è trasferito aManawatu ed è diventato capitanato dei Central Vikings, allenati da Frank Oliver, nella prima delle due stagioni che ha disputato nel campionato nazionale di seconda divisione. La sua carriera, però, ha avuto un arresto improvviso nel 1998, quando ha subìto un altro grave incidente alla schiena nella partita di Super 12 tra Hurricanes e ACT Brumbies. Il fatto ha costretto Allen ad abbandonare definitivamente il rugby giocato e da quel momento in poi ha lavorato in televisione come commentatore sportivo, in particolare per quanto riguarda i campionati di NPC seconda e terza divisione.

Mark Allen fuori dal campo è sempre stato molto cordiale. Il suo piacevole e allegro modo di fare e la disponibilità a parlare con i media, hanno fatto di lui un personaggio mitico e amato da tutti.

In seguito Bull è diventato un fervente cristiano ed è  entrato a far parte della controversa Destiny Church: “Il rugby era la mia religione.” Ha detto: ” Tutto il resto, compresa la famiglia, era al secondo posto. Ho raggiunto un punto in cui qualche cosa doveva cambiare. Mi sono guardato allo specchio e non mi è piaciuto quello che ho visto.

 

http://mitidelrugby.altervista.org/mark-allen-lincredibile-vicenda-di-bull/